Dice Paul Quenon, ocso, monaco dell’abbazia di Gethsemani in Kentucky:
La natura stessa mi insegna il distacco in virtù della sua caducità. Il mutamento è intrinseco alle cose, e io posso semplicemente fermarmi e accogliere il mutamento come una lezione di vita. Non si può sviluppare un grande attaccamento là dove nulla dura a lungo: anche l’incanto delle mattine più luminose svanisce, persino l’intatto paradiso della primavera in Kentucky mi lascia insoddisfatto. Il cuore sa che non è abbastanza, e ambisce a qualcosa di più. Chiamarla «desolazione» sarebbe eccessivo. Le stesse meraviglie del mondo pare dicano: «Non siamo abbastanza». Il meglio che posso fare è prendere le cose come sono, e come sono lasciarle. Il passare dei giorni e la routine quotidiana della comunità rinforzano questo «naturale esercizio». Essere consueti, regolari, «ordinari» è un modo di essere autentici. Alzarsi al suono della campana significa essere pronti ad abbandonare qualcosa per prepararsi a qualcos’altro, e questo cambiamento, questa alternanza è al tempo stesso una sfida e un sollievo: anche lasciare il coro e andare al lavoro è un sollievo. La giornata del monaco offre un ritmo, un continuo lasciare, prendere, lasciare di nuovo e riprendere: è un allenamento al distacco, mediante il quale posso dimenticarmi di me stesso, perché il più delle volte non ho il controllo della situazione, non devo prendere decisioni. Persino l’idea del mio progresso spirituale si smarrisce a fronte di ciò che sta accadendo qui, adesso, vicino. Possibile che sia così semplice ciò che Gesù intendeva dicendo: «Il regno dei cieli è vicino»?
♦ Paul Quenon, In Praise of the Useless Life. A Monk Memoir, foreword by Pico Iyer, Ave Maria Press 2018, pp. 50-51.
