I love shopping (monks)

È evidente come certe volte io compri libri sui monaci con la stessa disposizione psicologica con la quale altre persone si indirizzano verso altre categorie merceologiche. È una «contentina», una «ricompensa» per una giornata che si sarebbe portati a definire dura: «Insomma, adesso stacco il telefono e mi compro quel bel volume sui certosini che ho visto ieri. Magari lo trovo pure in saldo». Da quando poi acquisto anche online…

Proprio ieri mi è arrivato un libro fantastico, un’edizione anastatica print-on-demand di Legends of the Monastic Orders as Represented in the Fine Arts, di Anna B. Jameson, apparso per la prima volta a Londra nel 1863, presso Longman, Green, Longman, Roberts & Green. L’ho appena sfogliato. Mrs. Jameson spiega nella prefazione, con un ineccepibile e smagliante stile anglosassone, le ragioni dell’opera: «Un tentativo di realizzare una cosa che non era mai stata fatta: interpretare, per quanto in una dimensione limitata e con una conoscenza assai manchevole, quelle opere d’arte che le chiese e le gallerie del Continente, e le nostre ricche collezioni, ci hanno rese familiari come oggetti di apprezzamento estetico, pur rimanendo dimenticate come temi di riflessione; mostrare come, mentre ci siamo saziati di considerare i dipinti sacri come semplici decorazioni, valutati più per i nomi a essi collegati che per il loro intrinseco valore, non li abbiamo sufficientemente esaminati come se fossero libri – poesie – con una vitalità e necessità loro proprie, nel bene e nel male, rinunciando pertanto a una rigogliosa fonte di delizia e accrescimento, quale si può trovare nella maggior parte di essi, anche in quelli meno notevoli in senso strettamente artistico».

Poi l’indice, meraviglioso, una specie di cartina di una terra incantata: «Historical and Moral Importance of the Monastic Subjects, generally and individually», «Effigies of the Benedictines interesting and suggestive under three Points of View», «The proper Habit, sometimes white, and sometimes black»; e poi una schiera di santi: St. Bridget of Sweden e St. Nilus of Grotta Ferrata, St. Chad of Lichfield e St. Guthlac of Croyland, St. Charles Borromeo e St. Philip Neri, St. Etherlreda e St. Ludmilla.

Poi, ancora, l’introduzione, dove si legge: «In primo luogo il monachesimo nell’arte, considerato in senso lato, è storicamente interessante, in quanto espressione di un’epoca fondamentale della civiltà. Abbiamo superato i rozzi pregiudizi che un tempo indicavano nella vita claustrale un ricettacolo di pigrizia e inganno; ora sappiamo che, non fosse stato per i monaci, la fiaccola della libertà, della letteratura e della scienza si sarebbe spenta per sempre, e che, per almeno sei secoli, per gli animi riflessivi, gentili, indagatori e devoti non c’era pace, né sicurezza, né casa se non in un monastero. […] E possiamo aggiungere un altro sostegno al nostro rispetto e alla nostra simpatia morale: la protezione e l’istruzione date alle donne in queste antiche comunità», l’accesso a ruoli di potere, la loro rappresentazione santa e autorevole «produssero, forse, maggiori risultati per la causa femminile che tutte le celebrate istituzioni della cavalleria».

Dopodiché si aprono 460 pagine fittissime di notizie, spunti, citazioni, incisioni, storie, curiosità…

Come spesso accade agli oggetti delle altre categorie merceologiche di cui si diceva all’inizio, anche questo libro è finito momentaneamente su un ripiano insieme ad altri come lui. La sua prima funzione l’ha assolta, molto bene. Ma sono sicuro che tra un paio di giorni comincerò a leggerlo, al massimo la settimana prossima.

(Ah, la cosa più divertente, che ho scoperto dopo, è che, volendo, lo si trova anche qui.)

4 commenti

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4 risposte a “I love shopping (monks)

  1. MrPotts

    Eh già. Questo dimostra vieppiù, se vuoi, il meccanismo che ha innescato l’acquisto del volume…

  2. Ma anch’io compro sempre le anastatiche anche se presenti in ebook…Coi libri antichi, non c’è storia.

  3. franco massone

    condivido la medesima predisposizione psicologica

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